La Cooperazione Sociale, un ponte per il reinserimento che cambia la vita e fa bene allo Stato.
Alla scoperta di un modello virtuoso contro la recidiva, a livello nazionale e locale.
Roma, 26 giugno 2025 – In un momento in cui il dibattito sulla gestione carceraria e la recidiva è sempre più sentito, emerge un modello concreto e di successo: quello della cooperazione sociale. I numeri presentati da Confcooperative Federsolidarietà in occasione della seconda edizione di “Recidiva Zero”, evento promosso dal CNEL in collaborazione con il Ministero della Giustizia, parlano chiaro: meno del 10% dei detenuti formati e assunti dalle cooperative sociali torna a delinquere. Un dato impressionante, se confrontato con la recidiva media, che in Italia può raggiungere il 90%, a fronte di una spesa annua di 4 miliardi di euro per la gestione delle carceri.
Il Presidente di Confcooperative Federsolidarietà, Stefano Granata, ha sottolineato l'impatto trasformativo di questo approccio: "Ogni euro investito in questo percorso genera benefici netti per la collettività, trasformando il carcere da 'trappola sociale' a ponte verso il reinserimento". La filiera della giustizia di Confcooperative Federsolidarietà vanta un fatturato di 430 milioni di euro e 11.500 occupati.
Un Ecosistema che Genera Valore e Opportunità
Le 189 cooperative sociali aderenti a Confcooperative Federsolidarietà attive in questo ambito non solo dimostrano una straordinaria solidità economica, ma sono veri e propri motori di inclusione. Le cooperative sociali di tipo B, specializzate nell'inserimento lavorativo, si rivelano cruciali, assumendo oltre un terzo dei detenuti impiegati, anche grazie agli incentivi della Legge “Smuraglia”.
Ma l'azione delle cooperative va oltre il semplice lavoro retribuito: oltre 1.500 detenuti ed ex-detenuti sono coinvolti in percorsi di formazione, tirocini e borse lavoro. Si stima che circa 3.000 ex-detenuti che hanno intrapreso un percorso lavorativo in cooperativa vi rimangano anche dopo il termine della pena, a dimostrazione dell'efficacia del percorso. A ciò si aggiungono servizi residenziali per oltre 4.000 persone, inclusi detenuti ed ex-detenuti con problemi psichiatrici e di dipendenze, e altri interventi di reinserimento socio-lavorativo post-detenzione.
"La cooperazione sociale agisce come un ponte essenziale tra il carcere e la società, concretizzando la finalità rieducativa della pena e la funzione sociale della cooperazione, sancite dagli articoli 27 e 45 della nostra Costituzione," ha ribadito il Presidente Granata. Confcooperative Federsolidarietà sta anche sviluppando una piattaforma per rafforzare ulteriormente questo sistema, puntando su politiche attive del lavoro, interventi sull'abitare e una rete di servizi specializzati. L'obiettivo è chiaro: superare la frammentarietà, estendere le opportunità e garantire un futuro concreto a ogni individuo.
A Vicenza, un Modello di Inclusione e Riscatto
Questa visione nazionale trova una risonanza profonda nella provincia di Vicenza, che da anni vede diverse realtà del terzo settore, cooperative e non, impegnate per la promozione di un'economia inclusiva e sostenibile.
Abbiamo chiesto a Michele Resina, Presidente della Cooperativa Nova - appartenente a Federsolidarietà, di condividere in questa occasione una testimonianza di come Vicenza abbia costruito una storia importante nel considerare il lavoro non solo come strumento educativo, ma anche come risorsa per le imprese, specialmente nel contesto penitenziario.
Il percorso vicentino, iniziato in modo significativo nel 2011, è frutto di un lavoro di squadra che ha visto coinvolta una fitta rete di partner pubblici e privati: Caritas, Terzo Settore, Istituzioni del mondo della giustizia e del lavoro. Un ruolo fondamentale è svolto da Fondazione Esodo onlus, che ha favorito la nascita e lo sviluppo di sinergie importanti sui temi della giustizia e del carcere, all'interno delle quali la cooperazione sociale è protagonista.
Oggi, a Vicenza, sono attivi percorsi di inclusione socio-lavorativa per detenuti, ex-detenuti e persone in esecuzione penale esterna, sia all’interno della Casa Circondariale che in area penale esterna. All'interno del carcere di Vicenza, fioriscono tre esempi virtuosi di progetti di lavoro:
- Un laboratorio di pasticceria "Libere Golosità" che forma e impiega una decina di detenuti nel settore dolciario da forno.
- Un laboratorio di assemblaggio e minuterie metalmeccaniche che offre lavoro a una ventina di detenuti.
- "Il filo che unisce", un laboratorio di sartoria che crea opportunità per 5 detenuti.
Questi laboratori non sono solo spazi di produzione, ma veri e propri ambienti di formazione professionale e orientamento per il futuro, dove i lavoratori pianificano il loro percorso di reinserimento. È fondamentale anche l'aspetto abitativo: nella rete vicentina sono attivi 20 posti abitativi in provincia che accolgono persone prive di casa, perché senza una casa non è possibile scontare una pena all’esterno del carcere.
Il focus è sempre più centrato sul territorio: le comunità hanno il compito della re-inclusione e del reinserimento. Il Terzo Settore ha giocato un ruolo cruciale, mettendo a disposizione le proprie attività come trampolino di lancio verso il mondo delle imprese, anche grazie al supporto di risorse regionali, fondazioni bancarie e Cassa delle Ammende. Oggi, grazie alla cooperazione sociale, circa trenta persone sono coinvolte in attività lavorative fuori dal carcere.
L'obiettivo è ambizioso: aumentare le opportunità lavorative per i detenuti e sviluppare iniziative che allineino le attività lavorative dentro e fuori le carceri a standard imprenditoriali innovativi. Si mira a creare un circolo virtuoso che veda una collaborazione sempre più fattiva tra Istituzioni, Enti Locali, mondo imprenditoriale, Casa Circondariale e Terzo Settore. In questo modo, le persone detenute possono accedere a reali opportunità di riscatto tramite la formazione, l'occupazione e la casa.
È un segno tangibile del potenziale che il lavoro carcerario può esprimere, una testimonianza potente di come il lavoro possa essere un ponte tra il passato e il futuro, tra il presente del carcere e la prospettiva di una vita che si riapre al mondo esterno. E il dato più confortante è che, dopo questo percorso, le persone non tornano più a delinquere: un successo per l'individuo, per la società e per l'economia.